CAPITOLO XXVI
Dolce riunione
Tradotto da: 50 Shades Italia
Appena
le buone maniere di Anastasia prendono il sopravvento, mi presenta a sua madre.
“Christian,
questa è mia madre, Carla,” dice. La riconosco dal controllo che avevo fatto
fare su Anastasia e tutto ciò che la interessava. Allungo la mano e saluto sua
madre. I miei occhi sono ancora su Anastasia. Dimostrami qualcosa, piccola …
qualcosa oltre all’essere arrabbiata. Vienimi in contro, ti prego …
Meet me on the Equinox - Death Cab for Cutie
“Mrs.
Adams, è un piacere conoscerla,” dico, sorridendole calorosamente. Riesco
a vedere da dove
Anastasia abbia preso i suoi bellissimi occhi e l’espressione shockata con la
bocca spalancata. Non intendo fare prigionieri. Sua madre sembra sconcertata,
senza parole, cosa che occasionalmente succede anche a Miss Steele, anche se di
solito è sempre accompagnata dalla lingua tagliente. Al momento non so quale mi
piaccia di più – forse entrambe.
Alla
fine pronuncia, “Christian,” e mi stringe la mano. Ci sorridiamo, e Anastasia
si acciglia con entrambi, e poi si rivolge a me chiedendomi:
“Cosa
ci fai qui, Christian?” La sua
voce suona dura, e il mio cuore si infrange ai miei piedi mentre il sorriso mi
scompare dal volto. Pensavo che mi volesse qui. La mia espressione è guardinga;
lei è ansiosa, nervosa, e forse eccitata, ma non riesco a vederle poi tanto,
dato che queste emozioni vengono scacciate via dal suo volto da altre, più
dure, soprattutto per il nostro discorso di prima tramite Blackberry su Elena.
“Sono
venuto per vederti, ovviamente,” dico, guardandola impassibile, controllando
con attenzione la mia ansia. “Sto in questo hotel,” dico come spiegazione.
“Stai
qui?” dice con la voce che si alza di tono, quasi squittendo, completamente
sorpresa.
“Beh,
ieri hai detto che avresti voluto fossi qui,” dico fermandomi, provando ad
intercettare la sua reazione. Cercando approvazione. Ho bisogno che lei sia
felice del mio essere qui … per vederla. Mi è mancata così tanto … Io non le
sono mancato? “Il nostro scopo è il piacere, Miss Steele,” dico tranquillo,
quasi tristemente, senza una traccia di umorismo. Sono volato attraverso il
paese per lei. Per vederla. Per sentire la sua presenza. Per ricevere uno sguardo pieno del suo
affetto… per me… E’ troppo quello che sto chiedendo?
Love Me Tender by Elvis Presley
Sua
madre, Carla, ci sta fissando entrambi, mentre cerca ansiosamente di
decifrare il significato della nostra conversazione criptica.
“Perché
non ti unisci a noi per un drink, Christian?” chiede mentre fa un cenno al
cameriere per prendere il mio ordine. Il cameriere arriva immediatamente.
“Prenderò
un gin e tonic. Hendricks se lo avete e ci vorrei un cetriolo, per favore. Se
non avete l’Hendricks, prenderò del Bombay Sapphire e
preferirei del lime con il Bombay.” Anastasia mi fissa sbarrando gli occhi, ma
poi si ricompone, si rivolge al cameriere e dice:
“Altri
due Cosmopolitan, grazie,” poi si gira e mi guarda con ansia.
“Prego,
avvicina una sedia, Christian,” dice la madre di Anastasia.
“Grazie,
Mrs. Adams,” rispondo educatamente, prendo una sedia e mi siedo accanto alla
mia donna.
“Quindi,
per caso stai nell’hotel in cui stavamo bevendo qualcosa?” chiede Anastasia,
provando a tenere la voce bassa per coprire la sua ansia.
“O,”
ribatto, “per caso state bevendo qualcosa nell’hotel in cui sto. Infatti, ho
appena finito di cenare, sono entrato qui, e ti ho vista,” dico, guardandola
intensamente, provando a ricavarne un’occhiata accogliente. “Ero distratto a
ripensare alla tua ultima e-mail, e poi alzo lo sguardo, ed eccoti qui. Una
bella coincidenza, eh?” dico inclinando la testa di lato con un piccolo
sorriso. Volevo farle una sorpresa, ma come al solito, lei mi ha sorpreso
essendo qui.
“Oh,”
dice. “Io e mia madre siamo andate a fare compere stamattina e nel pomeriggio
siamo state in spiaggia. Abbiamo deciso di bere qualcosa stasera,” mormora
parlandomi delle sue attività della giornata.
Noto
la nuova canottiera di seta verde che sta indossando ed è deliziosa su di lei.
“Hai
comprato questo top?” chiedo indicando la nuova canottiera. “Il colore è
perfetto su di te,” dico, notando anche l’abbronzatura sulla sua bellissima
pelle. “E hai preso anche un po’ di sole. Sei incantevole,” dico con desiderio
alla mia donna. Sono abbastanza vicino da toccarla, ma ancora così lontano.
Arrossisce, e per una volta, è rimasta senza parole.
“Beh,
avevo intenzione di venirti a trovarti domani. Ma eccoti qui,” dico alla fine,
incapace di resistere alla sua vicinanza, così mi allungo verso la mia donna e
le prendo la mano, la stringo gentilmente e passo il mio pollice sulle sue
nocche avanti e indietro. La connessione delle nostre mani ci dà la nostra
solita scarica elettrica, la corrente che ci attraversa. Non ho messo gli occhi
su di lei per quasi tre giorni, e mi è mancata terribilmente. Non c’è altro
nella mia mente, voglio solo stringerla e amarla, e al momento, il mio corpo si
sta surriscaldando, il mio desiderio sta esplodendo e voglio che anche lei mi
voglia. Il suo respiro si mozza quando ci tocchiamo, e penso che anche lei stia
avvertendo l’elettricità. Sbatte le palpebre e poi mi sorride con la sua solita
timidezza, facendomi rilassare e facendo spuntare un sorriso anche sulle mie
labbra.
“Pensavo
di farti una sorpresa, ma, come al solito, Anastasia, sei stata tu a sorprendermi
essendo qui.”
Anastasia
si volta ansiosa verso sua madre che mi sta fissando con uno sguardo attento,
indagatore, ma anche con meraviglia e stupore… Anastasia la fissa, come se
stessero avendo una conversazione silenziosa. Ma non sembra decifrare quello
che Anastasia sta provando ad esprimerle. Non voglio che Anastasia si senta a
disagio, e ora mi sento come se mi stessi intromettendo nel suo tempo con la
madre. Però sono molto più che felice di vederla, forse dovrei ritornare a
Seattle se non mi vuole qui.
“Non
voglio interrompere le tue chiacchiere con tua madre. Berrò velocemente il mio
drink e poi mi ritirerò. Ho del lavoro da fare,” dico sinceramente. La madre di
Anastasia obietta immediatamente.
“Christian,
è un piacere conoscerti, finalmente. Ana mi ha parlato molto affettuosamente di
te,” dice di getto. Questa rivelazione mi fa venire improvvisamente le
vertigini. Quindi, ha dei sentimenti per me. Sorrido a Carla.
“Davvero?”
chiedo alzando un sopracciglio rivolgendomi ad Anastasia, con un’espressione
divertita per la consapevolezza che lei è affezionata a me. Lei diventa
paonazza.
Il
cameriere arriva con tutti i drink, annunciando fieramente che avevano
l’Hendricks. Lo ringrazio educatamente. Anastasia sorseggia il suo Cosmopolitan
in modo nervoso.
“Quanto
resterai in Georgia, Christian?” chiede la madre di Anastasia.
“Fino
a venerdì, Mrs. Adams,” rispondo. Speravo di tornare con la mia donna al
seguito. Non riesco a stare separato da lei per troppo tempo. Va oltre il mio
limite di sopportazione.
“Cenerai
con noi domani sera, allora? E ti prego, chiamami Carla.” Il suo invito mi
lusinga. Mi darà la possibilità di conoscere la sua famiglia. In un certo
senso, voglio essere invitato nella sua vita, presentato alla sua famiglia come
il suo fidanzato, così come io ho presentato lei. E’ importante per me; voglio
mostrare ai suoi parenti che io sono l’uomo da lei scelto per essere nella sua
vita, per essere il suo fidanzato; in poche parole, voglio la sua accettazione,
la sua approvazione come uomo principale – l’unico uomo della sua vita.
“Sarebbe
un onore, Carla,” le rispondo con piacere genuino.
“Eccellente!
Se voi due volete scusarmi, dovrei andare alla toilette delle signore,” dice
per darci un po’ di privacy. Appena lascia il tavolo, mi rivolgo ad Anastasia.
“Allora,
sei arrabbiata con me per essere andato a cena con una vecchia amica,” le
chiedo con gli occhi ardenti, ma circospetto, in attesa della sua reazione. Mi
porto la sua mano alla bocca e bacio dolcemente ogni nocca. La voglio, non
desidero nessun altro, se non lei. Come potrebbe dubitarne?
“Sì,”
risponde con il desiderio negli occhi, ma ancora arrabbiata. L’occhiata che mi
tira è così dannatamente sexy.
“Anastasia,
la nostra relazione sessuale è finita molto tempo fa,” sussurro. “Non voglio
nessun altro, voglio solo te. Non l’hai ancora capito, piccola?” la fisso
intensamente, nella speranza che capisca. Lei sbatte le palpebre.
“Penso
che lei sia una molestatrice di bambini, Christian,” dice facendomi sbiancare.
Non penso ad Elena in quel modo.
“E’
davvero troppo critico. Non è stato così,” le sussurro, completamente shockato
dalla sua franchezza, lasciandole la mano.
“Oh?”
chiede, notando la mia reazione. Riempie quella semplice parola di tutti i tipi
di rabbia. “E allora come stavano le cose, Christian?” insiste. Mi acciglio
completamente sbigottito. Per prima cosa, nessuno mi ha mai punito da molto
tempo, ad eccezione forse di mia madre in rare occasioni, o il Dr. Flynn che
pago per mettere alla prova la mia onestà. Ma questo, arrivando da Anastasia, è
allo stesso tempo incredibilmente sexy ed esasperante.
“Si
è approfittata di un ragazzino di quindici anni, vulnerabile. Se fossi stato
una ragazzina di quindici anni, e Mrs. Robinson fosse stato un Mr. Robinson, e
ti avesse sedotto nello stile di vita del BDSM, sarebbe stato giusto? E se si
fosse trattato di Mia?”
Il
pensiero è sgradevole e mi fa rantolare, e mi acciglio con Anastasia.
“Ana,
non è stato affatto così,” le dico. Lei mi fissa.
“Okay,
a me non è sembrato così,” dico tranquillamente. Perché ero già incasinato di
mio e stavo iniziando la mia rapida discesa verso l’inferno. Quello a cui Elena
mi ha introdotto potrebbe essere un male per un adolescente normale, ma io ero
sulla mia strada di autodistruzione. Forse stavo per diventare quello che in
passato era stata la mia madre naturale. “Ha avuto un effetto benefico su di
me. E’ ciò di cui avevo bisogno,” dico, spiegandoglielo con meno parole
possibili prima che sua madre torni.
“Non
capisco,” dice sgomenta. Come potrebbe? Non ha un passato incasinato, e di
questo sono felice, perché, onestamente, non penso che avrei potuto
affrontarlo.
“Anastasia,
tua madre tornerà tra poco. Non mi sento a mio agio a parlarne ora. Forse più
tardi. Se non mi vuoi qui, ho un aereo che mi aspetta all’Hilton Head. Posso
andare via,” dico. Posso andarmene se non sono voluto qui. Forse ho commesso un
errore venendo qui. Forse non le sono mancato. Forse sta scappando via da me,
scappando via nel senso letterale dell’espressione. Il pensiero mi sconvolge,
ma devo essere realista.
“No!”
dice di getto. “Non andare. Non voglio che tu te ne vada,” dice con sincerità
genuina, facendomi attraversare da un senso di sollievo. “Ti prego… Sono
eccitata per la tua presenza qui. Sto solo provando a farti capire. Sono
arrabbiata perché appena me ne sono andata, sei andato a cena con lei. Pensa a
come ti senti quando mi trovo in qualsiasi posto vicino a Jose. Jose è un buon
amico. Non ho mai avuto una relazione sessuale con lui. Mentre invece tu e
lei…” dice, incapace di completare la frase, che resta in sospeso.
E’
come se una lampadina si fosse accesa nella mia testa. Certo! Come ho potuto
essere così stupido? E’ gelosa! E’ gelosa di Elena, di quello che abbiamo
avuto. E questo mi delizia immensamente. E’ una dea dagli occhi verdi! La
adoro!
“Sei
gelosa?” le chiedo, fissandola sconcertato, e i miei occhi alla fine si
addolciscono e risaldano.
“Sì,”
risponde confermando il mio sospetto. “E arrabbiata per quello che ti ha
fatto.”
“Anastasia,
lei mi ha aiutato. E’ tutto ciò che dirò a riguardo. Mentre per la tua gelosia,
prova a metterti nei miei panni. Non ho mai dovuto giustificare le mie azioni
con nessuno negli ultimi sette anni. Nemmeno una persona. Faccio quello che mi
pare, Anastasia. Mi piace la mia autonomia. Non ho incontrato Mrs. Robinson per
farti arrabbiare. Ci sono andato perché ogni tanto ceniamo insieme. E’ un’amica
e una socia in affari,” dico. Oh merda! Questa rivelazione le fa spalancare gli
occhi. Con cautela soppeso la sua espressione. L’informazione è sconvolgente.
“Sì,
siamo soci in affari. Il sesso è finito tra noi. Lo è già da anni,” le dico.
“Perché
la vostra relazione è finita?” chiede. Questa è una lunga storia, ed è anche
alquanto aspra. La mia bocca mi si stringe per l’esasperazione mentre i miei
occhi brillano per l’ansia crescente.
“Suo
marito ci ha scoperti,” dico sinceramente. Lei è sotto shock. Riesco a vedere
una miriade di emozioni che le attraversano il viso.
“Possiamo
parlare di questo qualche altra volta, in un posto un po’ più privato?”
brontolo.
“Non
penso che riuscirai mai a convincermi che lei non è una specie di pedofilo,”
risponde petulante.
“Non
penso a lei in quel modo. Non l’ho mai fatto. Ora basta!” scatto. Elena mi
amava a modo suo, ed è stata davvero una manna dal cielo che mi ha salvato da
me stesso, dai miei modi distruttivi, e si curava di me in un modo in cui non
riuscivo. Non voglio sentirla mentre sta qui a demolirla. Anastasia non lo
capisce. Come potrebbe? Non si è mai trovata nei miei panni.
“L’amavi?”
chiede tra i denti digrignati, più che arrabbiata.
“Come
sta andando tra voi due?” chiede la madre di Anastasia appena tornata. Merda!
E’ tornata, e noi non ce ne siamo nemmeno resi conto per l’intensità del nostro
battibecco infiammato. Anastasia si piazza sul viso un sorriso falso e
frettolosamente torniamo a sederci in maniera composta, sembrando entrambi
colpevoli di qualcosa. Carla guarda Anastasia con aria interrogativa.
“Bene,
mamma,” risponde.
Sorseggio
il mio drink guardando attentamente Anastasia dato che abbiamo lasciato la
discussione in sospeso. La mia espressione è circospetta, e non voglio
lasciarla in questo modo, ma non abbiamo privacy al momento. Forse possiamo
venirne a capo domani… se lei mi vorrà ancora. Anastasia sembra esausta,
sconvolta.
“Bene,
signore, vi lascio alla vostra serata,” dico alzandomi in piedi pronto ad andare, ma ancora desideroso di
Anastasia.
When Will I See You Again - The Three Degrees
“Prego,
mettete i drink sul mio conto, camera numero 612,” dico, giusto nel caso lei
voglia venire a farmi visita. Un uomo può sperare… e io spero che venga…
stanotte. “Ti chiamo domattina, Anastasia. A domani, Carla,” dico.
“Oh,
è così bello sentire qualcuno che usa il tuo nome per esteso,” dice Carla
approvando allegramente.
“Un
bellissimo nome per una bellissima ragazza,” mormoro mentre stringo la mano che
Carla mi aveva porto. Anastasia stringe gli occhi fissando sua madre, come se
stesse disapprovando il suo comportamento amichevole. Mi giro e bacio
castamente le guance di Anastasia.
“A
dopo, piccola,” le sussurro all’orecchio.
Mentre
torno nella mia suite, mi rendo conto di quanto mi fosse mancata, e della sua
reazione a me. Arrabbiata, gelosa, desiderosa, shockata, sorpresa, e
qualcos’altro. Solo Anastasia riesce a racchiudere tutte quelle emozioni in un
solo sguardo. Sono preoccupato che i suoi pregiudizi su Elena potrebbero minare
la nostra relazione, ma non dovrebbero. Non ha nulla di cui preoccuparsi
riguardo Elena; quello che avevamo è ormai storia antica. E’ solo una buona
amica ora; un’amica a cui tengo.
Entro
nella mia suite e prendo il portatile. Ho bisogno liberarmi di un sacco di
lavoro. Il mio Blackberry suona. Spero che sia Anastasia, ma mi acciglio quando
vedo che è Ros.
“Sono
Grey,” rispondo.
“Mr.
Grey, sono Ros, signore,” dice.
“Che
succede?” chiedo velocemente.
“Un
paio di cose. Ho controllato tutti i numeri della compagnia peso morto che ci
stiamo trascinando, e il nostro dipartimento finanziario concorda che ci
vorranno almeno due anni alla compagnia per arrivare in pareggio, sempre che
l’economia si riprenda, e come lei sa questo non accadrà in un futuro prossimo.
Quindi, la seconda migliore opzione è quella di liquidare, e provvederemo alle
merci in esubero,” dice.
Sento
bussare alla porta. Non ho ordinato il servizio in camera, ma forse è Taylor.
Apro la porta, e per mio completo shock e sorpresa, vedo Anastasia davanti alla
porta. Sbatto più volte gli occhi per assicurarmi che sia lei quello che sto
vedendo, poi spalanco la porta e la invito ad entrare nella mia stanza. Torno
alla mia conversazione al telefono con Ros mentre il mio sguardo resta fisso su
Anastasia.
“Quindi
tutte le questioni sulle merci in esubero sono concluse?” chiedo.
“Sì,
a partire da oggi, signore,” risponde.
“E
il costo?” chiedo.
“Il
numero preliminare parla di decine di milioni di dollari, signore,” risponde
con voce flebile. Fischio tra i denti.
“Sheesh…
è stato un errore costoso…” dico.
“Pare
di sì, signore. Non avevamo modo di prevederlo. Non era così evidente che
l’economia avrebbe preso una piega negativa così velocemente,” risponde.
“E
Lucas?” chiedo.
“Sta
facendo gli assestamenti finali dei costi, signore,” risponde.
Anastasia
è ferma al centro della suite ammirando l’arredo ultramoderno viola scuro e
oro. Cammino verso il minibar, e glielo indico, nel caso volesse prepararsi un
drink. Poi entro nella mia suite. Dato che è qui, spero che intenda restare.
Mentre
sto discutendo di liquidare una compagnia che posseggo, vado in bagno e riempio
la vasca mentre aggiungo degli oli da bagno e del sale, e li lascio schiumare
mentre accendo delle candele.
“L’altro
problema di cui volevo discutere è il cellulare ad energia pulita che stiamo
sviluppando… Quello con cui aveva alcuni problemi con degli schemi. Gli
ingegneri hanno portato i nuovi schemi…” dice.
“Sì,
fammeli mandare da Andrea. Barney ha detto che avrebbe risolto il problema…”
Dopo
aver acceso le candele, e aver riempito la vasca, torno allo spazioso soggiorno
della mia suite. Anastasia si è servita un succo d’arancia.
“Sì,
signore. E’ una buona notizia. Potrebbe controllarli, ma è fuori città. Se
fosse stato in città, sarebbe stato tutto risolto molto più velocemente,
sapendo il suo effetto sul team di ingegneri. Sa essere molto persuasivo,” dice
ridendo. “Resterà fuori per tutta la settimana, signore?”
Rido
in risposta. “No, torno venerdì…” dico.
“Grandioso!
Cosa l’ha portata in Georgia? Non è esattamente un luogo di vacanza…”
“C’è
un pezzo di terra qui a cui sono interessato…” rispondo.
“Capisco.
Mentre per i numeri che abbiamo sistemato per la liquidazione… Quando vorrebbe
discuterne in dettaglio?” chiede.
“Già,
riguardo quello, fammi chiamare da Bill…”
“La
farò chiamare appena riattacco,” risponde.
“No,
non oggi, domani,” dico.
“Sì,
signore. Pensa che la Georgia abbia del potenziale per noi?”
“Lo
scoprirò. Voglio solo vedere cos’ha da offrire questo stato nel caso decidessi
di venirci,” dico a Ros mentre i miei occhi restano fissi su Anastasia. Le
passo un bicchiere e indico il secchiello del ghiaccio.
“Sono
curiosa di vedere cosa scoprirà,” dice.
“Se
i loro incentivi sono abbastanza attraenti, penso che dovremmo considerare
l’idea di spostarci, anche se non sono molto sicuro del dannato caldo qui…”
dico.
“Che
ne dice di Detroit? Non ha lo stesso clima caldo, e lo stato sta provando ad
attrarre società con un gran numero di impiegati qualificati e preparati che hanno
bisogno di lavoro. Sarebbe un posto più attraente dal punto di vista dei
vantaggi economici,” dice.
“Sono
d’accordo, anche Detroit ha i suoi vantaggi, ed è molto più fresca…”
“Bill
conosce Detroit molto meglio di me, e ha moltissime connessioni lì.”
“Già,
fammi chiamare da Bill… domani e non troppo presto,” dico.
“Sì,
signore,” dice e io riaggancio.
Il
mio sguardo è ancora fisso su Anastasia. Non dico niente; le do solo
un’occhiata curiosa. Lei capisce cosa intendo, e decide di parlare.
“Non
hai risposto alla mia domanda,” mormora.
“No,
non l’ho fatto,” dico tranquillo, mentre i miei occhi si spalancano, ma resto
cauto per non spaventarla.
“No,
non hai risposto alla mia domanda, o no, non l’hai mai amata?” indaga di più.
Per
qualche ragione, amo che lei sia gelosa. Mi arrapa. Glisso sulla sua domanda
mentre provo a sopprimere un sorriso mentre incrocio le braccia e mi appoggio
al muro.
“Cosa
ci fai qui, Anastasia?” chiedo.
“Te
l’ho appena detto,” dice.
Voglio
essere onesta con lei, tutto il tempo, quindi faccio un respiro profondo e le
rispondo.
“No,
non l’ho mai amata,” stringo gli occhi, allo stesso tempo divertito e confuso.
Il sollievo che prova è evidente. Si solleva come se il peso del mondo le fosse
stato tolto di dosso, e questo indica la profondità dei suoi sentimenti per me.
Dio! Voglio prenderla, proprio qui, proprio ora!
“Sei
una dea dagli occhi verdi, Anastasia. Chi l’avrebbe mai pensato?” dico.
“Ti
stai prendendo gioco di me, Mr. Grey?” mi fissa in modo acuto con i suoi occhi
intensi.
“Non
oserei mai,” dico scuotendo la testa solennemente, ma riesco a malapena a
nascondere il luccichio dei miei occhi. Il mio cuore corre e dice, ‘quella è la
mia donna!’
“Oh,
penso che oseresti, e penso che tu lo faccia… spesso,” dice ripetendo le mie
stesse parole, facendomi sorridere. Quando vede la mia risposta, il suo labbro
finisce tra i denti automaticamente. I miei occhi si scuriscono per il
desiderio che ho di lei.
“Per
favore, smettila di morderti il labbro. Sei nella mia stanza, non ho messo gli
occhi su di te per quasi tre giorni, e sono volato per il paese per vederti,”
dico in tono sensuale. Non si rende conto di quanto mi sia mancata? Voglio
essere costantemente dentro di lei, su di lei, intorno a lei, quando mi è
vicina. Non si rende conto di quanto questa separazione mi abbia dato filo da
torcere? Sto per bruciare!
Il
mio Blackberry suona, ma al momento, non me ne fotte niente se il mondo sta
precipitando verso l’inferno. Lo spengo senza controllare chi fosse il
mittente. Il suo respiro si blocca al cambio del mio comportamento, mentre le
do il mio sguardo predatorio da ‘voglio la mia donna ora’.
“Ti
voglio, Anastasia. Ora. E tu vuoi me. Ecco perché sei qui,” constato i fatti.
“In
realtà volevo sapere,” sussurra sulla difensiva. Ma non la faccio terminare.
“Ora che lo sai, te ne vai o resti?” chiedo
con lo sguardo pieno di desiderio ardente per lei.
“Resto,”
mormora, fissandomi in ansia.
Be My Baby by Ronettes
“Oh,
lo spero,” dico annullando la distanza che ci separava. Abbasso lo sguardo su
di lei. “Eri così arrabbiata con me.” Sussurro.
“Sì,”
risponde.
“Non
ricordo nessuno, se non qualcuno della mia famiglia, che sia mai stato
arrabbiato con me. Mi piace,” dico in piena sincerità e con il desiderio nella
voce.
Le
passo le punte delle dita sulla guancia. Lei inala il mio profumo, facendomi
eccitare ancora di più. Tutto quello a cui riesco a pensare è questa attrazione
tra di noi. Il mio corpo è trascinato verso il suo, desideroso di mescolarsi.
Il desiderio si accumula nei miei occhi, con il mio tocco… Mi abbasso e strofino
il naso lungo la sua spalla e sopra, fino alla base del suo orecchio, mentre le
mie dita vagano tra i suoi morbidi capelli. Chiude gli occhi e automaticamente
si avvicina al mio tocco. Provando a dominare il suo desiderio per me.
“Dovremmo
parlare,” sussurra.
“Dopo,”
rispondo.
“Ci
sono tante cose che vorrei dire,” mormora.
“Anche
io.”
Le
pianto un morbido bacio sotto il lobo mentre le mie dita fanno presa nei suoi
capelli. Tiro indietro la sua testa, ed espongo la sua gola ai miei baci
inesorabili. Le mordicchio il mento con i denti e le bacio la gola. Il mio
desiderio sta per esplodere, e sono incapace di contenermi oltre.
“Ti
voglio,” sussurro facendola gemere, e lei alza le mani aggrappandosi alle mie
braccia. Dovrebbe avere il ciclo adesso, stando ai miei conti, e questo
significa che non devo mettere il preservativo.
“Hai
le mestruazioni?” le chiedo mentre continuo a baciarla. Lei diventa rossa
dall’imbarazzo.
“Sì,”
sussurra.
“Hai
dei dolori?” le chiedo. Piccola, se non li hai, non c’è niente che potrà fermarmi
dal prenderti qui!
“No,”
risponde con tono appena udibile, arrossendo ancora di più.
Mi
fermo e abbasso lo sguardo su di lei.
“Hai
preso la pillola?”
“Sì,”
dice. Sarebbe pronta a nascondersi in un buco nel pavimento se fosse possibile.
E’ completamente mortificata, ma voglio che si senta a proprio agio con me
intorno, in ogni modo possibile. Senza barriere.
“Allora
andiamo a fare un bagno,” dico tirandola per la mano e conducendola in camera
da letto. Riesce appena a guardarsi intorno e a vedere il letto enorme, ma la
trascino nel bagno che è color acquamarina e bianco calcare, questo lo rende
molto elegante, ma non me ne frega un cazzo al momento… C’è una vasca incassata
che è abbastanza grande. Il vapore sale al di sopra della schiuma. Lei guarda le
candele tremolanti che ho acceso in precedenza.
“Hai
un elastico per capelli?” le chiedo. Lei mi guarda sbigottita, ma pesca nella
tasca dei suoi jeans e ne tira fuori uno.
“Legati
i capelli,” le ordino dolcemente. Fa come le ho detto respirando ansiosamente.
La
vasca è già piena, e chiudo l’acqua. La riporto nella prima parte del bagno e
mi metto dietro di lei mentre siamo di fronte allo specchio che ricopre la
parete sugli eleganti lavandini di vetro.
“Alza
le braccia,” le sussurro all’orecchio. Lei fa come ho detto, e le sfilo la
canotta di seta verde dalla testa, facendola rimanere di fronte a me a seno
nudo. I miei occhi non hanno lasciato i suoi per un secondo. Mi abbasso e le
apro il bottone dei jeans, e dopo passo alla zip.
“Ti
avrò nel bagno, Anastasia,” mormoro.
Mi
abbasso su di lei e le bacio il collo. Lei sposta la testa di lato
permettendomi di avere più accesso alla sua carne. Infilo i pollici nei suoi
jeans, e lentamente e sensualmente li faccio scendere. Mi abbasso dietro di lei
e li spingo insieme alle mutandine sul pavimento.
“Esci
dai jeans.”
Fa
come le è stato detto mentre si tiene sul bordo del lavandino. Lei è ferma
davanti a me, davanti allo specchio, nuda. Si fissa con gli occhi spalancati
mentre sono inginocchiato dietro di lei. Bacio e poi mordo dolcemente il suo
didietro; lei si lamenta di piacere. Mi alzo e guardo il suo riflesso nello
specchio. Si vergogna del suo aspetto, e in qualche modo prova a coprirsi per
evitare di guardarsi allo specchio. Non voglio che pensi di essere brutta o di
avere qualcosa per cui essere imbarazzata. E’ appena capace di stare ferma.
Poggio la mano sulla sua pancia, rivendicandola tutta per me.
“Guardati.
Sei così bella,” mormoro. “Vedi com’è bello toccarti,” dico mentre stringo
entrambe le sue mani nelle mie. Infilo le mie dita tra le sue così che le sue
dita rimangano distese mentre metto le sue mani sulla sua pancia. Voglio che si
liberi delle insicurezze che ha riguardo il suo corpo. Voglio che si veda come
la vedo io. Che sia sicura di sé…
“Senti
quanto è morbida la tua pelle,” dico con voce calma e bassa. Faccio fare dei
movimenti circolari alle sue mani per spostarmi poi in alto, verso il suo seno.
“Senti
quanto è pieno il tuo seno,” dico con un rantolo mentre le tengo le mani a
coppa intorno ai suoi seni. Le strofino piano i capezzoli con i pollici, ancora
e ancora, facendola gemere mentre le sue labbra si schiudono. Inarca la schiena
e il suo seno riempie i miei palmi. Strizzo i suoi capezzoli tra i nostri
pollici combinati, tirando gentilmente mentre si allungano ancora di più. Lei
si lamenta di piacere mentre i suoi occhi restano chiusi. Sta fremendo davanti
allo specchio, sotto le nostre mani.
“Proprio
così, piccola,” mormoro mentre le guido le mani verso il basso, facendole
accarezzare i due lati del suo corpo, la vita, i fianchi, e sul suo sesso.
Metto le mie gambe tra le sue, spingendogliele per fargliele aprire,
accentuando la sua posizione. Passo le sua mani sul suo sesso con un certo
ritmo. Noto che questa creatura desiderosa che è davanti a me, è la mia donna.
“Guarda
quanto sei infiammata, Anastasia,” le sussurro mentre lascio una scia di baci e
dolci morsi lungo la sua spalla. Lei geme, e lascio andare le sue mani
indietreggiando.
“Va’
avanti,” le ordino, guardandola divertito.
Lei
si strofina ma poi si ferma, persa, incapace di continuare, desiderosa di me, e
questo alimenta ancora di più la mia voglia di lei. Mi sfilo la camicia, senza
sbottonarla del tutto, dalla testa, e velocemente mi sbarazzo dei jeans.
“Preferiresti
che lo facessi io?” dico con occhi ardenti che incontrano i suoi nello
specchio.
“Oh,
sì, ti prego,” implora.
La
avvolgo tra le mie braccia e le prendo di nuovo le mani, e continuiamo il
nostro viaggio sensuale sul suo sesso e il suo clitoride. La mia erezione è su
di lei, e il mio corpo è arrossato come il suo. Le mordo la nuca e lei chiude
gli occhi per assorbire tutta la miriade di sensazioni sul suo corpo. Mi fermo
bruscamente e la faccio girare mentre le circondo la vita con una mano che le
tiene ferme le mani dietro la schiena, mentre con l’altra le tiro la coda di
cavallo. I nostri corpi sono incollati, e la bacio con voracità,
saccheggiandole le labbra, la bocca, la lingua, mentre la tengo ferma.
Abbiamo
entrambi il respiro affannoso.
“Quando
ti è iniziato il ciclo, Anastasia?” le chiedo, provando a capire se avrò
bisogno del preservativo oppure no; e spero proprio di no.
“Uhm…
Ieri,” mormora confusa.
“Bene,”
dico, e la volto di nuovo.
“Abbassati
e mantieniti sul lavandino, piccola,” le ordino tirandole indietro i fianchi
mentre lei si china. Abbasso la mano e afferro il filo del suo tampone,
tirandolo fuori gentilmente e buttandolo nel water. Era tutta la pazienza che
sono riuscito a recuperare prima di rivendicare la mia donna, e sono dentro di
lei in un istante, pelle contro pelle per la prima volta. Lo assaporo, e mi
muovo facilmente, lentamente, spingendola. Poi mi avvio con un ritmo
incalzante. Lei si tiene aggrappata al lavandino, ansimando, e venendo incontro
alle mie spinte con le sue. Mi chino su di lei e con la mano trovo il suo
clitoride e inizio a massaggiarlo. Sento che si sta avvicinando al suo apice.
“Proprio
così, piccola,” dico con un suono stridente mentre sfrego dentro di lei,
muovendo i fianchi, e raggiungiamo la nostra estasi, il nostro apice, insieme,
sonoramente, e io mi tengo a lei, la stringo forte, e vengo mentre ripeto il
suo nome come una litania.
“Oh,
Ana!” sussurro al suo orecchio, rendendomi conto che non potrò mai averne
abbastanza di lei.
“Oh,
piccola, ne avrò mai abbastanza di te?” sussurro. Lei sospira di piacere.
Insieme
ci accasciamo sul pavimento, e io tengo le braccia intorno a lei, circondandola
nella stretta del mio busto e delle mie braccia. Siamo persi l’uno nell’altra.
“Sto
sanguinando,” mormora.
“Non
mi dà fastidio,” sussurro, ma mi rendo conto che potrebbe dar fastidio a lei.
“L’ho
notato,” dice seccamente, e inizio a pensare che l’idea potrebbe non esserle
piaciuta.
“Ti
ha dato fastidio?” le chiedo dolcemente.
“No,
per niente,” risponde, e io sorrido in risposta.
“Bene,
facciamo un bagno,” dico mentre mi districo dalla mia presa. Mentre mi fissa da
vicino, la sua espressione cambia. Cos’è successo? Sono allarmato dalla sua
espressione.
“Che
succede?” chiedo con la voce che dimostra la mia preoccupazione.
“Le
tue cicatrici,” sussurra. Oh, merda!
“Non
sono dovute alla varicella,” dice.
Non
mi va di ricordare il perché io abbia le cicatrici, o spiegare come sono stato
abusato dal pappone della mia madre naturale; come spegneva le sue sigarette
sul mio corpo. Mi trascina in un posto traballante, un posto oscuro nel mio
passato; un posto in cui non voglio essere al momento. Mi chiudo. E’ l’unico
meccanismo di difesa che ho per un passato che non ho modo di controllare e di
farmi carico. Mi acciglio e il mio viso si scurisce mentre la mia bocca è
premuta a formare una sottile linea dura.
“No,
non lo sono,” le rispondo di getto senza elaborare oltre. Mi alzo e le porgo la
mano, la tiro finché non si ritrova in piedi. Il suo sguardo ha qualcosa di
diverso. Pietà, preoccupazione, ansia…
“Non
guardarmi in questo modo,” dico con voce fredda e di rimprovero, e lascio
andare la sua mano. Lei arrossisce perché l’ho ripresa. Abbassa lo sguardo
sulle sue mani. “Lo ha fatto lei?” sussurra.
Non
dico niente perché sono arrabbiato. Lei alza lo sguardo su di me. Io la fisso.
“Lei?
Mrs. Robinson, intendi?” dico scuotendo la testa. Perché deve sempre pensare il
peggio di Elena?
“Anastasia,
lei non è un animale! Ovviamente non le ha fatte lei. Non capisco perché senti
sempre il bisogno di demonizzarla,” dico esasperato. Siamo entrambi in piedi
nel bagno, nudi, con nessun posto dove andare, e nessun posto dove nasconderci.
Alla fine non dice niente, fa un respiro profondo, e si muove aggirandomi, poi
entra nell’acqua. Lentamente si abbassa nella schiuma. Dopo quella che sembra
un’eternità, decide di parlare.
“Mi chiedo solo come saresti se non l’avessi
mai incontrata. Se non ti avesse introdotto al tuo… umm, stile di vita,”
sussurra.
Ho
promesso di essere sempre onesto con lei, quindi sospiro, ed entro nella vasca
mettendomi di fronte ad Anastasia. La mia mascella è tesa per il nervoso, per
la tensione, e i miei occhi sono freddi. Anche io sono immerso nell’acqua, e
sono così arrabbiato, non la tocco. Dopo averla fissata impassibile, non dico
nulla. Ma nemmeno lei. Ci fissiamo a vicenda, nessuno è disposto a mollare per
primo. Non voglio litigare con lei per Elena o chiunque altro. Alla fine scuoto
la testa, e poi sorrido, e decido che l’onestà è la politica migliore.
“Probabilmente
avrei seguitole orme della mia madre naturale se non fosse stato per Mrs.
Robinson,” dico. Devo darle il credito che le è dovuto, anche se i suoi modi
forse sono stati alquanto assurdi. Anastasia mi fissa confusa, con aria
interrogativa.
“Lei
mi amava in un modo che trovavo…” sforzo il cervello per trovare la parola
giusta. “… accettabile,” dico e faccio spallucce.
“Accettabile?
Come? Cosa intendi per accettabile?” sussurra.
“Sì,
accettabile,” dico guardandola fisso. “Mi ha distratto dalla strada distruttiva
che mi ero ritrovato a percorrere. E’ davvero difficile crescere in una
famiglia perfetta quando tu stesso non sei perfetto,” dico. Lei prova a
metabolizzare tutto quello che le ho detto.
“Ti
ama ancora?” mormora, con sguardo circospetto.
“Non
credo, almeno non in quel modo,” dico accigliandomi. Non voglio che Anastasia
si senta insicura a causa di Elena.
“Anastasia,
continuo a dirti che è successo tutto tanto tempo fa. E’ nel passato. Non
potrei cambiarlo nemmeno se volessi, ma non voglio. Lei mi ha salvato da me
stesso,” dico in tutta sincerità. “Questo è un argomento del quale non ho mai
discusso con qualcun altro,” dico, e poi mi ricordo l’eccezione a questa
regola. “Eccetto, ovviamente, il Dr. Flynn. E l’unica ragione per cui ne sto
parlando con te adesso è perché voglio che ti fidi di me,” le spiego.
“Io
mi fido di te, ma voglio conoscerti meglio, e ogni volta che provo a parlarti,
mi distrai. Ci sono tantissime cose che vorrei sapere di te,” dice, facendomi
sentire ancora più frustrato.
“Oh,
per l’amor di Dio, Anastasia! Cosa vuoi sapere? Cosa devo fare?” dico con la
frustrazione bruciante nei miei occhi. Riesco appena a contenere la mia
irritazione. Mi sento come se fossi sotto l’Inquisizione Spagnola. Lei si
spaventa, e abbassa lo sguardo sulle sue mani.
“Sto
solo provando a comprenderti, Christian,” sussurra. “Sei un vero enigma. A
differenza di chiunque abbia mai incontrato prima. Ma, sono anche felice che tu
mi stia dicendo quello che voglio sapere.”
Odio
quando litighiamo. Amo quando litighiamo. E’ così strano, rinfrescante. Mi fa
ribollire il sangue; mi dà un tipo diverso di energia. Ma al momento, il mio
sguardo è guardingo. Lei alza gli occhi su di me, e sussurra, “Ti prego, non
essere arrabbiato con me.”
“Non
sono arrabbiato con te, Anastasia. E’ solo che non sono abituato a questo tipo
di conversazione, a questo interrogatorio. Ritorno su queste cose solo con il
Dr. Flynn, e con…” dico e mi fermo. Non voglio nominare di nuovo Elena, che
alla fine è la ragione principale del mio atteggiamento scontroso in questo momento.
“Con
lei. Mrs. Robinson. Parli con lei?” dice prontamente, riuscendo appena a
contenere la sua irritazione.
“Sì,
parlo con lei,” rispondo, guardandola negli occhi.
“Di
cosa?” indaga oltre.
Alla
fine mi sposto nella vasca per guardarla meglio mentre l’acqua fuoriesce e cade
sul pavimento.
“Insistente,
eh?” mormoro, un po’ irritato. Sospiro. “Parliamo della vita, dell’universo,
degli affari. Anastasia, Mrs. Robinson ed io abbiamo una lunga storia alle
spalle. Possiamo discutere di qualsiasi cosa,” dico.
“Di
me?” sussurra.
“Sì,”
dico tenendola d’occhio.
Lei
si morde il labbro inferiore. Sembra arrabbiata. “Perché parlate di me?” mi
chiede petulante.
“Perché
non ho mai conosciuto nessuno come te, Anastasia,” dico.
“Non
so cosa voglia dire. Che significa, Christian? Qualcuno che non firma
automaticamente le tue scartoffie, senza fare alcuna domanda?” chiede.
Scuoto
la testa. E’ persistente, se non altro. “Mi serve un consiglio,” dico
dolcemente.
“E
tu chiedi consiglio a Mrs. Pedofila?” scatta, facendomi arrabbiare ancora di
più.
“Anastasia,
ora basta!” scatto di rimando, socchiudendo gli occhi. “O ti metterò sulle
ginocchia. Non ho alcun interesse sessuale o romantico in lei, assolutamente
niente. Lei è una cara amica, di cui mi fido, e una socia in affari. E’ tutto.
Abbiamo un passato, una storia in comune che è stata un beneficio monumentale
per me, anche se le ha incasinato il matrimonio. Ma quel lato del nostro
rapporto è finito tanto tempo fa.”
L’informazione
che ho condiviso con lei le fa spalancare gli occhi. “E i tuoi genitori non
l’hanno mai scoperto?” chiede.
“No,”
ringhio. Come può essere così stupida? “Te l’ho già detto,” dico, contenendo a
stento la mia rabbia prima di scattare.
“Hai
finito?”
“Per
ora,” dice. Faccio un respiro profondo, rilassandomi visibilmente, come se un
peso enorme mi fosse stato tolto dalle spalle.
“Giusto…
è il mio turno,” mormoro e la guardo incuriosito. “Non hai risposto alla mia
e-mail.” Lei arrossisce, e scuote la testa.
“Avevo
intenzione di rispondere, ma ora sei qui,” dice in un modo che mi fa
preoccupare.
“Preferiresti
che non fossi qui?” sospiro con espressione impassibile, ma sentendomi
tutt’altro che così.
“No,
mi fa piacere,” mormora.
“Bene,”
sorrido di sollievo. “Anche a me fa piacere di essere qui, nonostante il tuo interrogatorio.
Quindi, mentre è accettabile che tu mi metta sulla griglia, pensi di poterti
appellare a qualche tipo di immunità diplomatica solo perché sono volato fin
qui per vederti? Non me la bevo, Miss Steele. Voglio sapere come ti senti,”
dice.
“Te
l’ho detto. Mi fa piacere che tu sia qui. Grazie per essere venuto,” dice con
voce flebile.
“Il
piacere è tutto mio, Miss Steele,” dico completamente sollevato, e mi allungo
verso di lei per baciarla dolcemente. Lei risponde automaticamente. Ma mi tiro
indietro. Se lei mi mette sotto l’inquisizione, posso ricambiarlo almeno un
po’.
“No.
Penso di volere qualche risposta prima di andare oltre,” dico. Lei sospira,
proprio come ho fatto io. Rassegnata all’imminente inquisizione.
“Cosa
vuoi sapere?” chiede.
“Beh,
per iniziare, come ti senti riguardo al nostro possibile accordo?” Lei sbatte
le palpebre.
“Non
penso di poterlo fare per un lungo periodo di tempo. Essere per un intero fine
settimana qualcuno che non sono in realtà,” dice arrossendo e abbassa lo sguardo
sulle sue mani. Le alzo il mento, e le sorrido divertito.
“No,
nemmeno io penso che tu possa farcela,” dico. Lei sembra offesa.
“Stai
ridendo di me?” chiede stringendo gli occhi.
“Sì,
ma in senso positivo,” dico con un piccolo sorriso che mi compare sulle labbra.
Poi mi allungo e la bacio, dolcemente, brevemente.
“Non
sei una grande sottomessa,” sussurro mentre le tengo il mento in alto, con il
divertimento negli occhi. Lei mi fissa prima shockata, e poi scoppia in una
risata, e inizio a ridere con lei.
“Forse
non ho un buon insegnante,” dice facendomi sbuffare.
“Forse…
Ma forse dovrei essere più severo con te,” dico piegando la testa di lato,
sorridendole. Lei deglutisce visibilmente. Mi preoccupo per lei. Tanto. Ho dei
sentimenti profondi per lei. Cosa direbbe se sapesse che il solo pensiero di
non averla mi spaventa a morte… La fisso provando a decifrare la sua reazione.
“E’
stato così brutto quando ti ho sculacciata? La prima volta intendo…” Lei mi
fissa sbattendo gli occhi. Fa un respiro profondo.
“No,
veramente no,” sussurra.
“E’
più l’idea della cosa?” indago.
“Suppongo
di sì. Sentire piacere quando non si dovrebbe.”
“Ricordo
di essermi sentito allo stesso modo. Ci vuole un po’ prima che la mente ci si
abitui.” Lei mi fissa senza parole.
“Puoi
sempre usare la safeword, Anastasia. Non dimenticarlo. E, finché seguirai le
regole, che appagano il profondo bisogno che ho di controllo e di tenerti al
sicuro, allora forse potremmo trovare un modo per andare avanti,” dico.
“Perché
hai bisogno di controllarmi?” chiede.
“Perché
soddisfa un bisogno che c’è in me che non è stato soddisfatto nei miei primi
anni,” dico.
“Quindi,
è una specie di terapia per te?” chiede, provando a pensare al mio essere
incasinato.
“Non
ci ho mai pensato in quel modo, ma sì, penso che sia così,” rispondo.
“Ma,
ecco la questione, Christian… Un momento dici ‘non sfidarmi,’ quello successivo
dici che ti piace essere sfidato. E’ davvero difficile districarsi con
successo.” La fisso per un momento, accigliandomi. Ha fatto un gran bel lavoro fino
ad ora.
“Lo
capisco. Ma sembra che te la stia cavando davvero bene finora,” rispondo.
“Ma
a quale costo personale? Mi sento in trappola, qui,” dice indicando il suo
cuore.
“Mi
piaci in trappola,” dico sorridendo.
“Non
è quello che intendevo!” dice energicamente, schizzandomi per l’esasperazione.
Abbasso
lo sguardo su di lei, arcuando le sopracciglia. “Mi hai appena schizzato?”
chiedo.
“Sì,”
risponde.
“Oh,
Miss Steele,” dico afferrandola e tirandola sul mio grembo mentre faccio
schizzare acqua su tutto il pavimento. “Penso che abbiamo parlato abbastanza
per ora,” dico, mentre le tengo ferme le mani ai lati della sua testa e la
bacio profondamente.
Kiss of Fire - Georgia Gibbs
Mi impossesso
completamente della sua bocca. Muovo la sua testa per controllarla.
Lei geme contro le mie labbra in risposta. Potremo litigare e discutere, il che
è allo stesso tempo snervante e sexy, ma niente supera questo. Siamo fatti
l’uno per l’altra quando si tratta di possederci a vicenda. Le sue dita fanno
presa nei miei capelli, tenendomi su di lei, e mi sta baciando con un fervore
ancora più grande, mentre il desiderio mi fa gemere. La sposto, mettendola a
cavalcioni su di me, facendola inginocchiare mentre la mia erezione torreggia
sotto di lei, pronta ad amarla, a rivendicarla, a scoparla, a completarla. Mi
tiro indietro e la guardo con gli occhi appannati, pieni di desiderio e
lussuria. Lei lascia la presa per mantenersi sul bordo della vasca, ma io le
prendo le mani, non sapendo cosa potrebbe fare, e gliele tengo ferme dietro la
schiena.
“Ti
prenderò ora,” sussurro e la alzo in modo da tenerla sospesa su di me.
“Pronta?” sussurro.
“Sì,”
mormora, e la sistemo su di me, lentamente, entrando in lei, riempiendola,
aprendola, diventando una cosa sola. Muovo i fianchi e lei geme, gettandosi in
avanti, poggiando la sua fronte sulla mia.
“Ti
prego, lascia andare le mie mani,” sussurra.
“Non
toccarmi,” le dico quasi pregandola, mentre le lascio le mani, le prendo i
fianchi. Lei fa presa sul bordo della vasca, e inizia a muoversi su e giù.
Lentamente. Apre gli occhi e mi fissa. Io la guardo con la bocca leggermente
aperta, il mio respiro è accelerato, incontrollato, mentre mi prendo la lingua
tra i denti per il piacere. Siamo nella vasca, bagnati, scivolosi e ci muoviamo
l’uno contro l’altra. Lei abbassa il capo e mi bacia. Chiudo gli occhi,
deliziato. Lentamente, alza le mani fino a metterle sulla mia testa e passa le
dita tra i miei capelli mentre mi tira la testa indietro e approfondisce il
bacio, cavalcandomi, sempre più veloce, aumentando il ritmo. Lei geme contro la
mia bocca. Io le tengo i fianchi, godendomi questo piacere, baciandola a mia
volta. Siamo pieni di sensazioni, sento che mi sto avvicinando al mio vortice,
mentre i nostri movimenti diventano più frenetici… stiamo schizzando acqua
ovunque…
“Continua
così, piccola,” sussurro, e lei viene con un orgasmo appassionato, e io arrivo
al mio velocemente e furiosamente, spingendo dentro di lei, con le braccia
strette alla sua schiena mentre trovo la mia liberazione.
“Ana,
piccola!” urlo. Il suo nome è un’invocazione, una litania, una preghiera sulle
mie labbra.
Quando
usciamo dalla vasca, torniamo in camera da letto e ci tuffiamo sull’enorme
letto matrimoniale; restiamo distesi fissandoci, faccia a faccia, abbracciando
entrambi i cuscini. Entrambi nudi. Non ci tocchiamo. Ci guardiamo, ci
ammiriamo, coperti dal lenzuolo.
“Vuoi
dormire?” le chiedo con voce dolce. Sono preoccupato. Mi sento quasi come se
questi momenti bellissimi, sereni, pacifici, ci saranno rubati.
“No.
Non sono stanca,” dice.
“Cosa
vuoi fare?” chiedo.
“Parlare,”
risponde. Ovviamente. Sorrido.
“Di
cosa?”
“Roba.”
“Che
tipo di roba?”
“Te,”
risponde dolcemente.
“Cosa
vuoi sapere di me?”
“Qual
è il tuo film preferito?” Oh, a questo posso rispondere.
“Oggi,
è Lezioni di Piano.” Lei mi sorride.
“Ovviamente,
che stupida. Una colonna sonora così triste ed emozionante, che senza dubbio
saprai suonare, giusto? Così tanti successi, Mr. Grey.” Mormora.
“E
il più grande sei tu, Miss Steele,” dico con incredibile convinzione.
“Quindi,
sono la numero diciassette,” dice confondendomi.
“Diciassette?”
“Il
numero delle donne con cui… hai fatto sesso,” dice timidamente.
Oh,
quello! Le mie labbra si sollevano in un sorriso, i miei occhi sono accesi
dall’incredulità.
“Non
esattamente.” Mi ha frainteso. Ho avuto più di quindici donne.
“Hai
detto quindici,” dice confusa.
“Mi
riferivo al numero di donne nella mia stanza dei giochi. Pensavo che fosse
quello a cui ti riferivi. Non mi hai chiesto con quante donne ho fatto sesso,”
rispondo.
“Oh,”
dice sbadigliando, il suo viso si rattrista. “Vaniglia?” chiede.
“No.
Tu sei la mia unica conquista alla vaniglia,” scuoto la testa, continuando a
sorriderle. “Sfortunatamente, non posso darti un numero certo. Non ho fatto
tacche sulla testiera del letto o cose simili,” rispondo.
“Di
cosa si parla – decine, centinaia…” si ferma, e i suoi occhi si spalancano.
“Migliaia?”
“Decine.
Siamo nelle decine, per carità,” la calmo.
“Tutte
sottomesse?”
“Sì.”
“Smettila
di ridere,” mi riprende dolcemente. Provo a fare una faccia seria, ma fallisco
miseramente.
“Non
ci riesco. Sei divertente.”
“Divertente
nel senso che sono particolare o divertente nel senso che faccio ridere?”
chiede.
“Un
po’ di entrambi, penso,” dico ripetendo le sue parole.
“Senti
da che pulpito,” mi sgrida. Non riesco a trattenermi, mi allungo verso di lei e
le do un bacio sulla punta del naso.
“Questo
ti shockerà, Anastasia. Pronta?” dico. Lei annuisce con gli occhi spalancati e
con un sorriso ebete.
“Tutte
sottomesse in addestramento, quando mi stavo addestrando anch’io. Ci sono dei
posti a Seattle e nei dintorni dove uno può andare ed esercitarsi. Imparare a
fare quello che faccio io,” dico. Lei mi guarda shockata.
“Oh,”
rantola.
“Sì,
ho pagato per fare sesso, Anastasia.”
“Non
è una cosa di cui andare fieri,” mi riprende. “E hai ragione… sono
profondamente shockata. E scocciata perché non posso shockarti a mia volta.”
“Hai
indossato il mio intimo,” dico contraddicendola.
“Quello
ti ha shockato?”
“Sì,”
rispondo onestamente.
“Non
indossavi le mutandine quando hai incontrato i miei genitori.”
“Quello
ti ha shockato?”
“Sì.”
“Beh,
sembra che gli unici modi in cui riesco a shockarti siano collegati al reparto
intimo.”
“Mi
hai detto che eri vergine. Quello è stato il più grosso shock che abbia mai
avuto,” dico provandole che si sbaglia.
“Sì,
la tua faccia era tutto dire, un momento da immortalare,” dice ridacchiando.
“Hai
lasciato che ti tormentassi con un frustino,” confesso.
“Quello
ti ha shockato?”
“Già.”
La mia risposta mi fa sorridere.
“Beh,”
sospira, “potrei lasciartelo fare di nuovo.”
“Oh,
lo spero proprio, Miss Steele. Questo fine settimana?” le chiedo.
“Okay,”
concorda timidamente.
“Okay?”
chiedo shockato ancora una volta.
“Sì.
Tornerò di nuovo nella Stanza Rossa delle Torture.”
“Dici
il mio nome.”
“Questo
ti shocka?” mi chiede sorpresa.
“Il
fatto che mi piaccia mi shocka.”
“Christian,”
dice facendomi sorridere.
“Voglio
fare qualcosa domani,” le annuncio emozionato.
“Cosa?”
chiede.
“Una
sorpresa. Per te,” dico dolcemente. Voglio dimostrarle che posso fare ‘di più’.
Lei alza un sopracciglio e soffoca uno sbadiglio.
“Ti
sto annoiando, Miss Steele?” chiedo sardonico.
“Mai,”
risponde.
Mi
allungo e la bacio dolcemente sulle labbra.
“Dormi,
piccola,” le ordino gentilmente, e spengo le luci. Sono completamente appagato, ed estremamente sereno per essere finalmente
andato a letto con la mia donna che mi è mancata negli ultimi tre giorni.
Heaven by Bryan Adams
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